Accettare la validità di questa teoria implica necessariamente rivalutare i parametri con cui sino ad oggi si è definito il benessere animale.
Con questo non voglio dire che quelli individuati erano errati ma semplicemente che, per quello che concerne gli animali domestici e in particolare quelli d’affezione, è necessario ricercare i modi più idonei per garantirne il benessere psicologico e conseguentemente anche quello fisico considerando le modifiche relative ai bisogni di specie espresse nella teoria prima citata.
Se analizzassimo approfonditamente e con metodo scientifico lo stato di salute dei cani impegnati in attività sociali, che ovviamente siano stati guidati su un percorso educativo, istruttivo e abilitativo corretto tendente a svilupparne le capacità cognitive e l’autostima, sono convinto che il risultato ci indicherebbe soggetti privi di dermatiti da stress, stati tendenti alla depressione, eccessi di espressione della sfera emotiva ed altro ancora.
La mia convinzione si è sviluppata nel corso dell’attività di formatore di cani da pet therapy e assistenza motoria dove ho potuto verificare come un corretto equilibrio psichico li mette in una condizione di benessere che influenza in modo diretto anche la parte immunitaria e la resistenza alle malattie.
Non bisogna però credere che sia solo la parte riguardante la particolare attività educativa, istruttiva e abilitativa che questi animali seguono a indurre l’effetto beneficiario che influenza il loro benessere, credo invece che il riuscire a ritrovare una propria funzionalità, il sentirsi utili in modo collaborativo, il ritrovare il piacere di condividere delle attività e quindi riuscire a soddisfare un bisogno ancestrale determinato dall’essere un’animale sociale che ha fatto della capacità collaborativa la sua scelta evolutiva sia la vera spinta, emotiva e motivazionale, che crea il beneficio.
Identificare un ruolo che faccia sentire un soggetto utile al gruppo in cui vive non significa necessariamente impiegarlo in attività specifiche ma riconoscergli una partecipazione quotidiana alla vita di tutti i giorni, questo è possibile farlo sia indirizzandolo a piccole attività domesticamente utili sia insegnando alle persone come godere dei benefici derivanti da uno scambio culturale tra specie diverse dove ognuno, proprio in funzione del contributo apportato con le proprie caratteristiche, soddisfa il bisogno di essere utile non solo in attività performanti ma anche in quelle culturali
Per fare questo è necessario affrontare il problema sia dall’aspetto culturale sia da quello pratico:
1-per parte culturale intendo, senza dover entrare nel campo filosofico del debito evolutivo che l’uomo ha con il mondo animale, fare uno sforzo per rendere visibile, comprensibile, praticabile una relazione con l’animale che lo collochi in una posizione di partecipazione piena e reale del quotidiano. Per questo è necessario che le figure di riferimento per le persone che si apprestano a prendere un cane, veterinario ed educatore, acquistino competenze in materia relazionale in modo da poter indicare le vie più idonee per raggiungere l’obiettivo del piacere della convivenza interspecifica.
Se non siamo in grado d’indicare come e perché la relazione con un animale arricchisce saremo i primi responsabili della proliferazione di una cultura popolare ancorata a concetti utilitaristici, vicarianti e surrogativi dell’animale che il più delle volte, soddisfatto il bisogno momentaneo dell’umano, diventa un peso, un fastidio, un “oggetto” ormai inutile.
Nella definizione di relazione “dialogica e bilaterale” è racchiuso il ruolo reale che oggi ha il pet nella vita di tutti i giorni, ruolo che non ha bisogno di trovare una giustificazione pratica o performante ma si esalta nei valori che proprio la diversità riesce a fare emergere e a contaminare in modo inevitabile i partecipanti.
Sicuramente risulta più facile vedere un’utilità pratica dell’animale (mi da questo, mi serve a questo) che accettare l’idea che esso influisca sull’intimità del nostro essere e che partecipi in modo attivo, indiretto o diretto, al nostro modo di essere adulti.
Proprio questa difficoltà impone a tutti i professionisti del settore un impegno formativo non solo sulle valenze relazionali ma anche sulle capacità comunicative con le persone per riuscire a stornare sin dal primo momento la tendenza a reificare l’animale o a trascurare le responsabilità che si acquisiscono con l’adozione.
2-Se è vero che risulta difficile percorrere la strada sopra indicata è anche vero che possiamo utilizzare degli strumenti che ci aiutano a perseguire l’obiettivo. Ridare una funzione al cane, farlo sentire partecipe ed utile nel quotidiano tramite l’acquisizione di facili abilità ci permette di ottenere due risultati: il primo diretto sull’animale che che, recuperando una sua dimensione di utilità integrata nella vita di tutti i giorni e svolta insieme alle persone con cui vive, può trovare e mantenere un equilibrio psico-fisico derivante dalla risposta ai bisogni sociali filogenetici; il secondo, rivolto all’umano, indirizza verso una nuova prospettiva di convivenza potendo passare dalla via semplificata della praticità.
In pratica la proposta è quella di modificare il senso dei corsi istruttivi che oggi si rivolgono ai cani, corsi che troppo spesso si chiudono in una serie di insegnamenti meccanicistici e poco soddisfacenti per tutti, per inserire l’acquisizione di una serie di abilità (dorsale delle abilità) che permettano al cane di partecipare in modo attivo al quotidiano.
Quante volte si è visto sui film inglesi cani che portavano pantofole piuttosto che giornali, soggetti che nella certezza di poter essere utili attendevano senza ansie il loro momento, bene io credo che questa sia la nuova strada da intraprendere per stimolare, fare toccare con mano alle persone le qualità e i benefici di questa relazione.
Sono anche convinto che proprio la sollecitazione a particolari attività faciliti la comprensione della diversità e favorisca il ridursi della tendenza antropomorfista così oggi diffusa.
Proprio perché un soggetto può fare nel non fare si identifica, si stabiliscono e si riconoscono le differenze e le diversità.
Concludendo voglio sottolineare come la collaborazione tra tutti i professionisti del settore troverà maggiore incidenza se basata su un linguaggio transdisciplinare in grado di dare continuità e non conflittualità nei vari campi d’applicazione e permetterà di costruire quel lastricato culturale dove le persone potranno incamminarsi con il loro pet.